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SONO QUELLO IN CUI CREDO

BIOGRAFIA DELL'ENOLOGO PARISI 

Sono gli insegnamenti di mio nonno, mia madre e dei miei maestri.

Anche grazie a loro sono arrivato sino qui.

Le origini 

Sono nato in un piccolo paese in provincia di Firenze, Lazzeretto, da una famiglia di viticoltori dove il vino rappresentava l’unico mezzo di sostentamento ed il vigneto era portato per mano come un bimbo. Fin da piccolo amavo la campagna, passeggiavo a piedi nudi per i vigneti appena fresati e giocavo a bilie di vetro nelle fosse, perfettamente levigate da mani esperte.

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A sei anni, mio padre mi portò dall'enologo. Era un uomo alto e portava sempre una biro blu dietro l’orecchio, il nero non gli piaceva ed indossava un lungo camice bianco pieno di macchie di vino rosso. Appariva da una stanza a vetri - il suo laboratorio - al cui interno c’erano dei ripiani rivestiti di mattonelle bianche su cui poggiavano, gorgoglianti, alambicchi di vetro e delle sfilze di bottiglie di vino smezzate.

Il nostro enologo si chiamava Ridolo e come lascia ad intendere il nome - o soprannome, non l’ho mai chiesto - era sempre sorridente. Che fosse per i continui assaggi di vino o per il suo carattere, era un uomo eccezionale, con la battuta sempre pronta, capace di risolvere un problema su qualunque tipologia di vino.

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La tradizione

Amavo stare nei vigneti e respirare il profumo della terra appena lavorata. Per me era il profumo della vita. Correvo spensierato tra gli animali da cortile che scorrazzavano per l’aia e lungo i vigneti. Mio nonno, è stato per me un grande punto di riferimento.

Da grande viticoltore, quale era, mi ha insegnato il rispetto dei tempi della natura, la capacità di interpretare le condizioni

 

atmosferiche per programmare le attività e come lavorare i terreni, secondo sapienti pratiche tramandate di padre in figlio.

Egli applicava in buona parte quello che oggi chiamano agricoltura biodinamica, escludendo ovviamente l’uso di preparati specifici ed alcune nozioni sull'influenza dei corpi celesti in vigna e cantina.

 

Conosceva le pratiche da svolgere sotto ciascuna forma di luna e, cosa ancor più importante, quando non toccare niente per non compromettere qualcosa, il che non è poco credimi.

La vocazione

Era il 1978,quando feci la mia prima vinificazione andando a raccogliere i grappoli d’uva lasciati dai vendemmiatori, troppo intenti a scherzare per essere oculati nella raccolta. La vendemmia era un momento magico a casa mia. Tra viticoltori c’era collaborazione, programmando un'epoca diversa per ciascuno, così da vendemmiare velocemente le uve prima da uno e poi da un altro.

 

Fu amore a prima vista. Amore per questo mondo così duro ma ricco di significati, di umili gesti e tanta passione. Nel '86 mi iscrissi ad Agraria. In famiglia non volevano facessi il viticoltore perché molto faticoso e mi ricordo ancora che gli dissi: “ o mi fate fa’ il vignaiolo o un fo’ nulla ”. Mio padre mi disse: “non lo fa’ sto mestiere, è fatia ma se tu lo vo’ fa’ fallo bene”.

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La determinazione 

Nel ’91 mi sono diplomato a pieni voti ed ho iniziato a lavorare in alcune cantine in Chianti. L’anno dopo andai a Montalcino e lì capii cosa volesse dire fare vini eccellenti. Tornai a casa e presi le redini  dell’azienda di mio nonno, continuando a lavorare per altre aziende visto che era troppo piccola e servivano soldi per farla crescere.

Dissi a mio padre che volevo fare Enologia e lui mi disse: “ hai scelto di fare il viticoltore e produrre vino, se studi non hai tempo per lavorare ”. Di nascosto mi iscrissi ad Enologia a Siena. Il giorno lavoravo e la notte studiavo. La voce si diffuse, era il periodo che molti produttori volevano partire ad imbottigliare i propri vini e mi iniziarono a chiedere una consulenza.

Cercai il maestro Giulio Gambelli a Poggibonsi e gli chiesi se mi poteva insegnare quello che sapeva sui vini e sul Sangiovese in particolare. Lui volle assaggiare alcuni miei Sangiovesi, e dopo acconsentì.

Nell'estate del ’96 partii in auto per Bordeaux. Andai all'Università di Enologia e chiesi se potevo essere ricevuto. Fu lì che conobbi alcuni professori, monumenti dell’enologia mondiale. Stetti alcuni giorni in giro per aziende Bordolesi ad assaggiare vini e passeggiare per vigneti. 

 

 

La consapevolezza  

 

Ero così entusiasta di essere stato a Bordeaux quell'anno che decisi di iscrivermi al corso di laurea in Enologia e Viticoltura, nella quale Giacomo Tachis era insegnante.

Negli anni, il maestro Tachis, mi insegnò a credere fino in fondo nella mia passione, e per questo gli devo tutto. Da studente lavoratore – non potevo certo smettere di lavorare – mi sono laureato, con tanto sacrificio, con 110 e Lode con una Tesi pubblicata a livello internazionale. L'incremento di lavoro si faceva sempre più grande, dall'Italia all'Europa agli Stati Uniti.

 

Era un momento economico positivo ed alcuni produttori decisero di dare in gestione i propri vigneti perché anziani e non più capaci a farne fronte. Arrivai ad avere una superficie vitata di 17 ettari e nel 2005 decisi di fare un completo restyling della proprietà di famiglia.

 

Il giorno gestivo l’azienda e le consulenze, mentre la notte ero al telefono per acquisire appuntamenti, sfruttando il fuso orario. Un sacrificio certo ma ampiamente ricambiato, nel tempo, dalla qualità raggiunta dei vini realizzati e dai contratti commerciali siglati.

 

Guardare la contentezza negli occhi del produttore quando tanti sacrifici danno i propri frutti è un regalo che per me non ha prezzo.

 

 

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